1. Introduzione
I mesi di marzo e aprile rappresentano il periodo dell’anno in cui si concentrano le riunioni dei consigli di amministrazione per l’approvazione del progetto di bilancio e le successive convocazioni delle relative assemblee soci da tenersi, generalmente, nel mese successivo. Ai sensi dell’art. 2364 c.c., la convocazione dell’assemblea ordinaria per l’approvazione del bilancio deve intervenire entro il termine stabilito dallo statuto e, in ogni caso, non oltre 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale di riferimento. Per gli emittenti quotati su mercati regolamentati la convocazione assembleare è soggetta ad un preavviso minimo di 30 giorni (ovvero 40 giorni, nel caso si debba procedere alla nomina di organi sociali, e 21 giorni, per le assemblee previste dagli artt. 2446, 2447 e 2487 c.c.), ai sensi dell’art. 125-bis del T.U.F. Il suddetto termine di 120 giorni può, in ogni caso, essere esteso fino ad un massimo di 180 giorni, in presenza di almeno una delle seguenti circostanze: (i) l’obbligo per la società di redigere il bilancio consolidato; (ii) l’esistenza di particolari esigenze relative alla struttura o all’oggetto della società. La dottrina sembra concorde nel far rientrare, in quest’ultimo ambito, anche la causa di forza maggiore, ossia una situazione straordinaria e non prevedibile ex ante; di conseguenza, sembrerebbero sussistere valide argomentazioni per includere all’interno del perimetro della causa di forza maggiore anche l’attuale situazione di pandemia da COVID-19.
Il dilagare del virus COVID-19 non sembra consentire il regolare svolgimento delle assemblee dei soci, quanto meno nel breve termine, e ha portato all’adozione di una serie di misure da parte del Consiglio dei Ministri che, come si avrà modo di esaminare qui di seguito, integrano in vario modo quanto previsto in circostanze “ordinarie” dalla normativa applicabile come sopra brevemente ricordata.
Inoltre, il perdurare dell’ emergenza sanitaria produce e continuerà a produrre, almeno nel breve termine, significative ripercussioni sui dati finanziari degli emittenti, già a partire dalla chiusura del primo trimestre e sull’ obbligo per le società quotate di darne puntuale informativa secondo le modalità previste dalla normativa e di seguito analizzate.
2. Svolgimento delle assemblee delle società quotate
La partecipazione fisica alle assemblee di società quotate potrebbe risultare compromessa proprio alla luce dell’attuale limitazione agli spostamenti personali. In tal senso, infatti, l’art. 1, lettera a, del DPCM dell’ 8 marzo 2020 vieta ogni spostamento di persone fisiche “salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute”. Tuttavia, tra le deroghe elencate, non sembra potersi ricomprendere la partecipazione all’assemblea di società quotate, specialmente nel caso dei c.d. investitori retail, che spesso rappresentano la maggioranza dei partecipanti.
In ogni caso, resta il fatto che le riunioni assembleari di emittenti quotati sono frequentemente caratterizzate dalla presenza di un numero elevato di persone in spazi ridotti, situazione che, oltre a risultare incompatibile con il rispetto delle varie misure anti-contagio previste (tra cui principalmente la distanza interpersonale di un metro), sembrerebbe del tutto preclusa in base al disposto dell’art. 1, paragrafo 2, del DPCM del 9 marzo 2020, ai sensi del quale “[…] sull’intero territorio nazionale è vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico”. Tale divieto, quindi, troverebbe applicazione anche qualora l’emittente organizzasse presidi tali da consentire il rispetto della distanza interpersonale minima di un metro.
2.1. Partecipazione mediante mezzi di telecomunicazione
Una prima possibile soluzione consiste nell’utilizzo di modalità tecniche che consentano la partecipazione alle assemblee mediante mezzi di telecomunicazione (art. 2370 c.c. e art. 143-bis Regolamento Emittenti). Tale modalità, tuttavia, costituiva una facoltà discrezionale per gli emittenti quotati, da introdurre con l’adozione di una clausola statutaria di opt-in. In base alle recenti statistiche, soltanto il 30% degli emittenti quotati sembra essersi effettivamente avvalso di tale possibilità.
In data 11 marzo 2020, la Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano ha approvato la Massima n. 187/2020 (avente a oggetto, tra l’altro, le assemblee di società quotate) la quale prevede che l’intervento in assemblea mediante mezzi di telecomunicazione (ove consentito dallo statuto o comunque ammesso dalla vigente normativa) possa riguardare la totalità dei partecipanti alla riunione.
Secondo tale orientamento del consiglio notarile milanese, le eventuali clausole statutarie che prevedano, a loro volta, la presenza del presidente e del segretario nel luogo di convocazione – ritenendosi meramente funzionali alla formazione del verbale – non impediscono lo svolgimento della riunione con l’intervento di tutti i partecipanti mediante mezzi di telecomunicazione, essendo ben possibile redigere il verbale successivamente. Tale orientamento sembra, quindi, sancire la legittimità delle assemblee tenutesi con la totalità dei partecipanti, incluso il presidente, collegati in video/teleconferenza, confermando, quindi, la possibilità che, anche in deroga ad eventuali disposizioni statutarie, il presidente e il segretario, si trovino in luoghi diversi durante lo svolgimento della riunione.
Inoltre, dal disposto dell’art. 1, lettera q, del DPCM dell’8 marzo e dell’art. 1, par. 7, lettera a del DPCM dell’11 marzo 2020, sembra potersi ricavare la facoltà di fare ricorso agli strumenti di collegamento a distanza, anche in assenza di apposita previsione statutaria in tal senso da parte del singolo emittente. Questo in quanto – se è vero che i DPCM dispongono, in tutti i casi possibili, la modalità di collegamento da remoto per lo svolgimento di riunioni – può ritenersi che (nel vigore di detti decreti) il ricorso a detto strumento debba in qualche modo considerarsi la “modalità ordinaria” di tenuta dell’assemblea soci, a prescindere dall’esistenza o meno di clausole statutarie che lo consentano.
2.2. Rappresentante designato e voto per delega
Una seconda soluzione è rappresentata dal ricorso allo strumento del rappresentante designato dalle società (art. 135-undecies T.U.F.) e della relativa delega di voto (art. 142 T.U.F. e art. 134 Regolamento Emittenti).
Il rappresentante designato è un soggetto, nominato dalla stessa società, al quale i titolari del diritto di voto in assemblea possono conferire (e, successivamente, revocare),entro la fine del secondo giorno di mercato aperto antecedente la data fissata per l’assemblea,una delega, sottoscritta dal soggetto delegante, con le istruzioni di voto, su tutte o su alcune delle proposte all’ordine del giorno.
Sul piano pratico, tuttavia, esisterebbero taluni elementi che rendono piuttosto complesso il ricorso ai suddetti strumenti. In particolare:
- in riferimento al rappresentante designato, vi è la possibilità che le società prevedano in statuto apposite clausole che: (i) ne escludano tout court la nomina (c.d. clausole di opt-out); (ii) dispongano la designazione del rappresentante solo per una tipologia di assemblea (ordinaria o straordinaria) o per assemblee con un preciso ordine del giorno (i.e., approvazione del bilancio); (iii) attribuiscano all’organo amministrativo la facoltà di stabilire, per singola assemblea, se il rappresentante debba o meno essere designato. In aggiunta, occorre sottolineare che l’art. 135-undecies T.U.F. non trova applicazione nei confronti delle società quotate su AIM Italia, che oggi rappresentano un importante numero di emittenti;
- esiste altresì la possibilità – spesso adottata – per le società di limitare il numero massimo di deleghe per delegato.
2.3. Le novità introdotte dal decreto legge c.d. “cura-Italia”
In data 16 marzo 2020, è stato approvato il decreto legge c.d. “cura-Italia”, attraverso il quale sono state introdotte le seguenti disposizioni, applicabili alle assemblee convocate entro il 31 luglio 2020 ovvero entro la data, se successiva, fino alla quale è in vigore lo stato di emergenza sul territorio nazionale (relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza della epidemia di COVID-19):
(i) la possibilità, per tutte le società, di ricorrere al maggior termine di 180 giorni indipendentemente dalle previsioni dell’art. 2364 e 2478-bis c.c. (e, pertanto, anche in assenza di apposita previsione statutaria e del ricorrere delle circostanze sopra menzionate);
(ii) la possibilità per le tutte le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata e cooperative, di poter prevedere nell’avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie, il ricorso al voto elettronico o per corrispondenza e allo svolgimento e intervento in assemblea mediante mezzi di telecomunicazione, a prescindere dalla presenza di un’espressa previsione statutaria, purchè tali mezzi siano in grado di garantire l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2370, comma 4, art. 2479-bis, comma 4, e 2538, comma 6 c.c. Viene stabilito, inoltre, come non si renda necessario che il presidente e il segretario verbalizzante/notaio si trovino nello stesso luogo, anche ove tale circostanza sia prevista espressamente nello statuto della società;
(iii) la possibilità,per le società a responsabilità limitata, di consentire, anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 2479, comma 4 c.c. e alle diverse disposizioni statutarie, l’espressione del voto in assemblea mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto;
(iv) la possibilità, per tutte le società con azioni quotate, di ricorrere all’istituto del rappresentante designato ai sensi dell’ art. 135-undecies T.U.F. per l’esercizio del diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie, anche qualora eventuali clausole statutarie dispongano diversamente. Le medesime società, inoltre, possono altresì prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il predetto rappresentante e che ad esso siano conferite deleghe e\o subdeleghe ai sensi dell’art. 135-novies del T.U.F. ed in deroga all’art. 135-undecies, comma 4 T.U.F. Quanto appena illustrato trova applicazione anche nei confronti delle società ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione (e, pertanto, anche agli emittenti AIM-Italia) e alle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante;
(v) l’obbligo, per le società con azioni quotate, di designazione del rappresentante di cui al punto (iv) che precede, qualora non adottino modalità di voto a distanza e la facoltà per le medesime, nel caso in cui, alla data di entrata in vigore delle previsioni del decreto, sia già stata convocata un’assemblea senza che sia stato designato il rappresentante o previste le modalità di voto a distanza, di prevedere il rinvio dell’assemblea ovvero la riconvocazione della stessa.
In riferimento agli eventi e i provvedimenti connessi alla pandemia di COVID-19, essi dovrebbero costituire infatti, per la maggior parte delle società, eventi successivi alla chiusura dell’esercizio sociale di riferimento (di norma, il 31 dicembre 2019), che dovranno essere analizzati dagli emittenti tenendo in considerazione i principi contabili IAS 10 e OIC 29, unitamente alle previsioni degli art. 2427 e 2428 c.c.
Alla luce di tali principi, l’emergenza sanitaria in corso e le relative conseguenze finanziarie dovrebbero considerarsi come rientranti tra gli eventi indicativi di situazioni sorte dopo la data di riferimento del bilancio, le quali non comportano per la società l’obbligo di provvedere a rettifica degli importi rilevati nel proprio bilancio per riflettere tali fatti, in quanto di competenza dell’esercizio successivo.
In secondo luogo, è opportuno tenere in debita considerazione le previsioni relative alla continuità aziendale, sulla base delle quali, qualora l’impatto dei fatti verificatisi dopo la data di riferimento del bilancio, sia tale da non garantire ulteriormente la continuità, sarà necessario che la società provveda a modificare i principi contabili di riferimento impiegati (non sarà più possibile utilizzare quelli che presuppongono la sussistenza del requisito della continuità) e gli importi rilevati in conformità agli originari principi contabili utilizzati. Gli eventi connessi con il dilagare della pandemia del virus COVID-19 non dovrebbero essere tali, salvo eventuali casi straordinari, da poter aver già prodotto un effetto sulla continuità aziendale.
Costituirà, in ogni caso, obbligo di ciascun emittente riferire all’interno della nota integrativa al bilancio “la natura e l’effetto patrimoniale, finanziario ed economico dei fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio”, ai sensi dell’art. 2427, comma 1, n. 22- quater c.c.
Per quanto concerne, invece, la relazione sulla gestione, ai sensi dell’art. 2428, comma 1 c.c., essa deve ricomprendere, inter alia, “una descrizione dei principali rischi e incertezze cui la società è esposta”, potendosi ragionevolmente ritenere come rientranti in questa categoria anche gli effetti sul business societario e sui dati finanziari derivanti dalla pandemia di COVID-19.
Non sembra, invece, potersi identificare un obbligo per gli emittenti che avessero già approvato il progetto di bilancio di riapprovarlo allo scopo di apportare eventuali modifiche legate alla situazione contingente; la relativa informativa e gli impatti correlati potrebbero essere forniti anche tramite un comunicato stampa ove ricorressero i requisiti di cui alla normativa applicabile.
In questo contesto, in data 11 marzo 2020, l’ESMA ha adottato alcune raccomandazioni (“ESMA recommends action by financial market participants for COVID-19”) per i partecipanti ai mercati finanziari, inter alia, raccomandando: (i) la pianificazione e adozione di piani di continuità operativa; (ii) la messa in atto di adeguata informativa al mercato, in virtù degli obblighi di trasparenza previsti dalla Market Abuse Regulation, per quanto riguarda gli impatti del COVID-19 sui dati finanziari della società; (iii) l’adozione di un regime di trasparenza in riferimento alla comunicazione degli impatti effettivi e potenziali di COVID-19 da inserire nella rendicontazione finanziaria relativa all’anno 2019, ove non ancora finalizzata, oppure, in alternativa, in quella intermedia nel corso dell’anno 2020.